venerdì 17 giugno 2016

Grazie



Due giorni pieni pieni a scuola, due esperienze diversissime, due stati d’animo opposti.

Sgombro subito il campo da tutti quelli che diranno “Ma come, la scuola non è finita?”

No, non è finita, o almeno non per tutti. Intanto ci sono più di 500.000 studenti che dalla prossima settimana affronteranno la Maturità (d’accordo, adesso si chiama “Esame di stato”, ma per tutti è ancora e sempre “la Maturità”) e che in questi giorni stanno studiando come pazzi (sorvolo sul fatto che potevano farlo prima, non è di questo che voglio parlare…), e ovviamente (ma pare che per nessuno sia mai ovvio) ci sono anche migliaia e migliaia di docenti che all’Esame di Maturità faranno i commissari, almeno fino a metà luglio. Gli altri saranno impegnati, più o meno fino alla stessa data, nei corsi di recupero, nella formazione delle classi per il prossimo anno scolastico, nel monitoraggio degli stages e dell’alternanza scuola-lavoro, nelle mila e mila attività inimmaginabili ai più. In ogni caso tutti, ma proprio tutti, sono stati in questi ultimi dieci giorni (cioè da quando “la scuola è finita”) impegnati nelle più svariate incombenze, dalle più importanti e delicate alle più noiose e sostanzialmente inutili, comunque obbligatorie: scrutini, colloqui con genitori, riunioni di dipartimento, collegi docenti, commissioni, compilazione di schede-verbali-registri-relazioni-documenti, ecc. ecc. ecc. E nell’ultima settimana di agosto si ricomincia, con le prove di verifica dei debiti formativi.
Tutto questo per cercare di far capire (anche se so che è impresa vana…) che la scuola non è solo quella che inizia il 15 settembre e finisce la prima settimana di giugno, non è solo quella degli studenti. Tutti siamo stati studenti, e tutti o quasi, purtroppo, continuano a pensare la scuola da studenti…

Dicevo di questi ultimi due giorni. Ieri un pomeriggio penoso, ma rimando ad un altro momento le relative considerazioni: quel che potrei scrivere adesso sarebbe troppo iroso, amaro e forse sproporzionato alla situazione. Lasciamo decantare.

No, voglio scrivere di oggi pomeriggio. Oggi pomeriggio venivano valutati quei colleghi che, dopo l’ “anno di prova”, saranno immessi definitivamente in ruolo, ovvero finalmente riconosciuti in grado di occupare stabilmente una cattedra, dopo anni e anni di precariato. Erano quattro, ognuno con una propria storia e una propria personalità, ognuno con le proprie competenze ed esperienze. Non giovani, anzi: una di quei quattro ha più anni di me (!), gli altri viaggiano sulla quarantina e oltre. Ho ripensato a quando, poco più che trentenne, affrontai la stessa situazione: avevo appena avuto Carlo, che anzi tenevo in braccio davanti alla Commissione… Sono passati quasi venticinque anni (e si potrebbero fare molte considerazioni su quante cose siano cambiate nella scuola, in peggio, in questo lasso di tempo…), e oggi mi sono ritrovata nella situazione opposta, dall’altra parte del tavolo. Quei quattro non sapranno mai quanto ero emozionata, partecipe della loro stessa emozione… Una cosa è valutare studenti, un’altra valutare colleghi, sia pur “non di ruolo”. Dalle loro relazioni ho imparato moltissimo: ho imparato a vedere sotto un’altra prospettiva dinamiche a cui mi sono ormai assuefatta, relazioni e conflitti che considero normali e che invece tali non sono, metodologie nuove mai sospettate e magari efficaci, approcci forse ingenui ma pieni di entusiasmo, quello stesso entusiasmo che con gli anni inevitabilmente si perde…

Insomma oggi ero lì, in un ruolo che ho sentito mio ma che nondimeno mi ha emozionato.
Grazie. "A chi? A cosa?" Alla vita.

2 commenti:

  1. Grazie a te, alla tua umanità che da senso alle tue scelte ed illumina le tue parole! È sempre un piacere leggere i tuoi interventi!
    Grazie davvero!
    Sergio

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  2. Ciao Sergio, scusa, non avevo più aperto il blog e dunque non avevo visto il tuo commento. Grazie a te, per il tempo che dedichi a queste "nugae" e sempre, sempre, per la tua amicizia. Un abbraccio

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