lunedì 9 novembre 2015

Heu, infelix Dido!



Compito in classe di Latino: Eneide, libro IV, vv. 642-666. Passo sublime, straordinariamente drammatico, con cui si chiude il sipario su Didone, eroina tragica ben più che epica.

Nell’ultimo monologo prima del suicidio, Didone traccia un bilancio della propria vita elencando le imprese compiute, poi dichiara con solenne gravità la propria volontà di morire, in un estremo tentativo di rivalsa su Enea (Enea il quale, fedifrago, è partito talmente in fretta e talmente alla chetichella da aver dimenticato persino la propria spada, la stessa con cui Didone si trafigge. Inutile dire che quella spada ha evidenti simbolismi freudiani). Insomma Didone è lì, sul letto che l’aveva vista felice con Enea, e compie l’atto estremo. Le ancelle, accorse, la trovano media inter talia ferro conlapsam, ovvero, più o meno, “riversa sulla spada nel mezzo di tali cose” (cioè l’armatura e le vesti di Enea), ma forse meglio “tra tali parole”, nel senso che la colgono mentre pronuncia l’ultimo addio.

Bene. Nella traduzione di un amato studente quell’ inter talia ferro è diventato “con la spada tra i talloni”.

“TRA I TALLONI”??? E certo: notoriamente, quando una vuole ammazzarsi, dov’è che si colpisce? Ma tra i talloni, obviously! A meno che non si voglia immaginare una Didone che, in punto di morte, si concede un’ultima sessione yoga, oppure una Didone che decide di morire in una posizione da kamasutra nella variante troiano-cartaginese...

Heu, infelix Dido!

venerdì 6 novembre 2015

Sproloqui di un venerdì pomeriggio



Ieri ero a un corso di aggiornamento, 14,30-18,30, roba da suicidio se si considera che quelle quattro ore andavano ad aggiungersi a cinque ore di lezione, ai compiti da correggere, alla cena da preparare, all’altro (pallosissimo) corso di aggiornamento di due giorni fa.
Beh, non è stato un corso di “aggiornamento”, nel senso che in quattro ore ho imparato quel che non avevo mai imparato, ma neppure lontanamente immaginato, in cinque anni di liceo, quattro di università, trenta di insegnamento. Mi si sono aperti mondi, ribaltati orizzonti, sconvolte certezze. Non vedo l’ora di sperimentare, di applicare, di provare. Entusiasmo, incredulità.
Ci si può sentire giovani a cinquantacinque anni? Risposta: “sì”.
E poi stamattina sono venuti a trovarmi due “ex”. Succede spessissimo, ci sono abituata, ma ogni volta è una sorpresa, un tuffo al cuore. In realtà non ci sono abituata per niente, e ogni volta vorrei abbracciarmeli senza fine, e piangere di ricordi e di tenerezza.

Insomma, non sono per niente sicura di voler andare in pensione.

P.S. Balle. Non so cosa darei per poter stare finalmente a casa, a occuparmi d’altro. Ma so anche che quando smetterò di “andare a scuola” una parte di me morirà, infinitamente.