giovedì 25 dicembre 2014

I piedini di Gesù Bambino



Mi sono alzata presto, come al solito. Anche oggi, anche oggi che è Natale.
La cucina mi accoglie silenziosa mentre tutti, giustamente, dormono ancora. Il neanche tanto lieve russare in sottofondo mi dice che va tutto bene. Tra poco arriverà Saetta, con il muso sonnacchioso, mangerà un po’ di crocchette e poi si piazzerà a ronfare qui sul tavolo, dietro il computer, facendomi le fusa ogni tanto. Mentina continua a dormire nella sua cuccia. Il profumo del caffè mi dà il buongiorno.
Una mattina come le altre, dunque.

No, non è una mattina come le altre. Oggi è Natale. Tra poche ore la casa si animerà e inizieremo a spacchettare i regali che aspettano luccicanti sotto l’albero. Negli ultimi anni il rito si è fatto sempre più lento: ci godiamo i rispettivi spacchettamenti senza fretta, crogiolandoci in un’atmosfera ormai così rara di calore e di intimità. L’aria è satura di qualcosa che ci riempie gli occhi e l’anima, e ci fa sentire famiglia (e altro ancora, ma questo lo tengo per me...).
Dunque, aspetto. Aspetto che gli altri si alzino. E intanto ricordo...

Quanti Natali in questa casa!
Quando Davide e Carlo erano piccoli, molto piccoli, la mattina di Natale era una bolgia: orde di scatole e scatoloni, che lo spazio tra i divani faticava ad accogliere: altro che pacchetti e pacchettini sotto l’albero! Seduti sul tappeto, con la bocca spalancata in sorrisi di una felicità incredula, tra montagne di carta da regalo che si ammucchiava sul pavimento... Tricicli, caverne di Batman, stazioni della Polizia, galeoni dei pirati... ah, e il mitico cavallo a dondolo giallo e blu della Chicco, che da solo occupava mezza stanza...
Ma dov’è finita tutta quella roba? No, aspetta, lo so: ecco perché in garage non c’è minimamente posto per parcheggiarci la macchina...

Insomma, la mattina di Natale c’era sotto l’albero esattamente tutto quello che avevano chiesto a Gesù Bambino, nella letterina che ci dettavano con scrupolosa serietà e in cui non mancavano mai i ringraziamenti anticipati e la promessa che sarebbero stati bravi per tutto un anno... Già, a casa nostra si è sempre aspettato Gesù Bambino, non Babbo Natale, quel Gesù Bambino che la mattina faceva la sua miracolosa apparizione nel presepio e che poi, allora come oggi, si andava a ringraziare tutti insieme.

A partire da un certo anno ci inventammo qualcosa che poteva rendere il “miracolo” ancora più stupefacente e insieme credibile: cospargevamo tutto il pavimento davanti alla porta esterna di casa con un leggero strato di farina, in modo che rimanessero le impronte dei piedini di Gesù Bambino quando fosse passato, la notte di Natale, a portare i regali; poi, con infinita pazienza, quando eravamo finalmente riusciti a far addormentare quei due, tracciavamo sulla farina dei piccoli segni che potessero assomigliare a dei piedini... Guardare le facce dei miei figli, quelle mattine di Natale davanti a quelle impronte, è stata una delle cose per cui è valsa la pena di vivere.

Certo, questo voleva dire che poi, a metà mattina, insieme a tutta la carta da raccogliere e a tutto il caos da tentare di rimettere a posto, c’era pure da spazzare tutta la terrazza davanti alla porta, con nuvole di farina che si alzavano da tutte le parti. Un anno decidemmo che forse era più sbrigativo ed efficace passare l’aspirapolvere, peccato che poi ci dimenticammo tutto lì e una settimana dopo, quando ci fu da riusare l’aspirapolvere, nel serbatoio ad acqua c’era una mucillagine nauseabonda pullulante di non meglio identificabili animaletti...

Ora Davide e Carlo sono cresciuti, anzi hanno ormai l’età in cui potrebbero essere loro ad avere dei figli (peraltro, non paiono proprio averne né la voglia né l’intenzione...). A me piacerebbe tanto diventare nonna. E mi piacerebbe tanto che anche Davide e Carlo, per i loro figli, decidessero di disegnare su un velo di farina le impronte dei piedini di Gesù Bambino, come abbiamo fatto noi con loro, tanti anni fa.

Ma basta con i ricordi: di là finalmente qualcuno si muove.
Ecco, adesso è Natale.